Percorsi di volontariato: Khadim riflette su cosa spinge i giovani a fare volontariato
Le riflessioni di Khadim Bamba D. M., uno dei 500 giovani Generatori di buone pratiche, sul volontariato e sul perché i giovani decidono di intraprendere questa strada.
Numerosi bisogni della società trovano oggi una risposta adeguata grazie all’impegno civile e al volontariato di persone, in particolare di giovani che realizzano interventi integrativi o compensativi di quelli adottati da Enti istituzionali. Al giorno d’oggi il problema del volontariato è una questione molto attuale come non lo è mai stata in passato, per due motivi di fondo. Il primo è che oltre alla Chiesa che lo ha sempre fatto, tutti hanno cominciato a parlare di solidarietà e volontariato, dai giornali ai politici agli insegnanti, ognuno parla di impegno civile e volontariato. La seconda motivazione va ricercata nei mezzi d’informazione. Difatti questi ultimi si sono evoluti sempre di più negli anni tanto da riuscire a fornire alle persone le notizie in tempo reale, cosa impossibile qualche anno fa. Chi è disposto a fare del volontariato sa per tempo cosa deve fare e dov’è il problema senza che questo sia filtrato o modificato dal propagarsi lento e informale della notizia. Quindi i giovani soprattutto quelli di ultima generazione fin da piccoli sono stati sensibilizzati al problema della solidarietà e del volontariato. Ma in realtà in un mondo dove tutti parlano ma pochi fanno qualcosa, quali sono le motivazioni di fondo che spingono questi giovani ad azioni di volontariato? A mio avviso sono tre. La prima è che i giovani hanno notato che gli interventi da parte di enti istituzionali sono insufficienti precari e non sempre efficaci, e siccome, fin da piccoli, hanno sempre avuto a che fare con il problema, riescono a trovare più facilmente, soluzioni più efficaci e moderne. La seconda motivazione è più di carattere psicologico. Ogni persona tende sempre a rispecchiarsi nella personalità degli altri, o a cercare dei caratteri della propria personalità in quella degli altri. Così coloro che precedentemente sono stati in una situazione di bisogno, vedono se stessi in coloro che soffrono, e il fatto di aiutarli è visto come un aiutare se stessi. La terza motivazione è che alcune persone per natura sono portate a saper aiutare gli altri e perciò decidono di mettere a disposizione dei più bisognosi questa qualità. E comunque tutte queste motivazioni hanno un fattore comune, e cioè che chi decide di entrare a far parte di questi interventi è un volontario e in quanto tale non potendo trarre alcun profitto da questa attività, agisce per bontà d’animo e sopratutto in buona fede. Difatti per bontà d’animo si intende il voler dare a chi ha più bisogno sia il proprio aiuto sia ciò che si ha in più perché mossi da compassione e spirito di fratellanza, mentre con agire in buona fede significa il voler intraprendere l’attività non a scopo utilitaristico ma al solo fine di aiutare gli altri.